Ben conosciuto grazie al capolavoro “Il Gattopardo”, ma anche al più recente “Il Commissario Montalbano”, il Castello di Donnafugata è uno dei più importanti siti della Sicilia Meridionale.
Risale all’800 e fu dimora nobiliare; è imponente, presenta una facciata in stile neogotico, coronata da due torri laterali, e copre una superficie di 2500 metri quadrati.
Vi sono diverse interpretazioni in merito all’origine del nome: secondo la leggenda deriva dalla fuga della regina Bianca di Navarra, vedova del re Martino I D’Aragone, re di Sicilia, che venne imprigionata nel castello dal conte Cabrera che aspirava alla sua mano ma soprattutto alla carica di re; secondo altri, invece, è la libera interpretazione e trascrizione del termine arabo ʻAyn al-Ṣiḥḥat (Fonte della Salute) che in siciliano diviene Ronnafuata, da cui la denominazione attuale; altri ancora sostengono che il nome derivi da un tragico episodio accaduto in quel luogo: il ritrovamento di un corpo femminile deceduto per soffocamento (“donna affucata”, cioè ” donna soffocata”).
La prima costruzione del castello sembra dovuta ai Chiaramonte, conti di Modica nel XIV secolo. Nel XV secolo potrebbe essere stata una delle residenze di Bernardo Cabrera, all’epoca gran giustiziere del Regno di Sicilia. Successivamente, la costruzione del feudo fu acquistata nel 1648 da Vincenzo Arezzo-La Rocca che ne fece una masseria fortificata.
Nel corso del tempo si trasformò in casina neoclassica e in castello neogotico. La maggior parte della costruzione si deve nell’Ottocento al barone Corrado Arezzo.
Il castello conta oltre 120 stanze di cui una ventina sono oggi visitabili; ogni stanza, con funzione diversa, era arredata con gusto e contengono, ancora oggi, gli arredi originali dell’epoca.
Tra queste ricordiamo: la stanza della musica, la grande sala degli stemmi con i blasoni di tutte le famiglie nobili siciliane, il salone degli specchi, la pinacoteca con quadri neoclassici.
Intorno al castello si trova un parco maestoso di 8 ettari, il quale contava oltre 1500 specie vegetali e varie “distrazioni” che dovevano divertire gli ospiti: il barone aveva disposto degli “scherzi”, l’unico ancora usufruibile è il labirinto realizzato con muri a secco in pietra bianca ragusana.